Settimana santa – Domenica delle Palme
Gesù a cena da Simone il lebbroso
Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Azzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturarlo con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo». Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto»…. Mc 14,1-9
Nel vangelo di oggi Gesù va a Betania a far visita ad alcuni suoi amici, fermandosi a cena nella casa di Simone, che era stato guarito dalla lebbra. Qui assistiamo ad una scena animata ed insolita: una donna entra d’imperio nella casa e cosparge di profumo prezioso il capo del Maestro riconoscendone la signoria. Con questo gesto ella illumina anche il nostro cammino di fede in questa settimana, durante la quale siamo chiamati a riconoscere, come Signore, quel Gesù di Nazaret che sta andando a morire in croce per liberarci dai nostri peccati.
L’evangelista Giovanni invece colloca la scena odierna nella casa di Lazzaro, anziché in quella di Simone il lebbroso, e questa donna viene identificata come sua sorella Maria. Probabilmente Giovanni ha voluto rettificare la collocazione di questo evento, raccontato anche nei vangeli di Marco e Matteo, che, scritti quarant’anni prima, egli ben conosceva. A parte la differenza dei contesti, il messaggio trasmesso dai tre evangelisti è lo stesso: il riconoscimento della signoria di Gesù.
A questo punto non possiamo fare a meno di spendere due parole sul valore da dare alle Sacre Scritture e ai vangeli in particolare. Essi non sono libri storici o di cronaca nel senso stretto del termine, ma di rivelazione di verità divine, e la chiesa ne è tanto consapevole che ha definito canonici sia il vangelo di Giovanni che quelli di Marco e di Matteo. Anche i libri storici del resto privilegiano talvolta i messaggi racchiusi negli eventi piuttosto che riportarne i particolari in maniera rigorosa. Dice Plutarco nelle “Vite Parallele”, parlando di Alessandro Magno e Giulio Cesare: “Come i pittori colgono le somiglianze dei soggetti dal volto e dall’espressione degli occhi, nei quali si avverte il carattere, e pochissimo si curano delle altre parti, così mi si conceda di interessarmi di più di quelli che sono i segni dell’anima e mediante essi rappresentare la vita di ciascuno, lasciando ad altri la trattazione delle grandi contese.” Se certe libertà se le prendono gli storici, figuriamoci se non se le sono prese gli evangelisti nel riportare i fatti e la Chiesa nel riconoscere la canonicità dei vangeli.